La passione che brucia, la passione che scalda
di Silvia Pagani
Giacomo ha 28 anni, si presenta al centro accoglienza con la richiesta di trattamento per la dipendenza da cocaina. E’ un bel ragazzo, solare, piacevole, molto attivo ma rovinato dalla sostanza. Raccolgo i dati ed arrivo all’area che ormai da anni indaghiamo..la sessualità
Questo è un tema importante per noi. Da più di dieci anni ci siamo resi conto che anche con un ottimo programma alle spalle concluso con buoni risultati, la ricaduta è dietro l’angolo se non è stato affrontato l’argomento relazione sentimentale-sessuale, ed i disturbi in quest’area sono una percentuale importante.
I dati raccolti tra i ragazzi ospiti in comunità in questi anni ce lo hanno confermato.
• 75% almeno un disturbo in area sessuale
• 60% eiaculazione precoce
• 50% eiaculazione ritardata o assente
• 45% deficit dell’erezione
• 46% anedonia
• 25% non riferisce disturbi in area sessuale
Il problema, o il disagio, nell’area della sessualità non viene spesso preso in considerazione dal paziente che dà per scontato si tratti di una caratteristica identitaria non modificabile o, nella migliore delle ipotesi, una conseguenza dell’uso di sostanze, altrettanto stabile.
Aprire un capitolo così ampio ed importante ci ha portati alla scoperta di un’infinità di piccoli/grandi problemi fortemente invalidanti e decisamente risolvibili.
La nostra proposta prevede, ormai da anni, in seguito alla fase diagnostica,un breve ciclo di incontri, solo se richiesti dal paziente, finalizzati alla risoluzione dei disturbi della sessualità.
In seguito al trattamento il 70% dei pazienti riferisce un netto miglioramento ( in molti casi risolutivo ) delle proprie relazioni e prestazioni sessuali, ma soprattutto una crescita significativa dell’autostima
Torniamo a Giacomo:
Durante la raccolta dell’anamnesi emerge subito un problema di dipendenza sessuale che accolgo ma non approfondisco per dargli tempo di costruire una relazione, prima di ‘mostrarmi’ la sua parte sessuale…. Non vado oltre, contenendo la sua smania di dare dare dare,dare… non tollera l’attesa e vuole darmi le parti più intime di sé subito… lo fermo
Di dipendenza sessuale si parlava già da tempo ma Giacomo era il primo paziente che chiedeva un trattamento in comunità e dovevamo essere i grado di dargli una risposta.
Dopo quasi 30 anni di esperienza nel trattamento delle dipendenze abbiamo imparato come spesso la via più ovvia, quella sotto gli occhi di tutti, sia la più corretta.
Secoli fa gli uomini si passavano le informazioni e le indicazioni sulla via da seguire, attraverso la narrazione di quel mondo fantastico, delle fiabe, dei miti, che oggi abbiamo un po’ dimenticato ma che, incrediblmente, nonostante un ‘paio di cose’ siano cambiate negli ultimi millenni, è ancora attuale.
Quando ci troviamo davanti ad una persona che porta un disagio sappiamo che dobbiamo prima raggiungerla là dove si trova, per provare ad accompagnarla nella direzione dell’equilibrio: se mi trovo a lavorare con un depresso non posso proporgli attività particolarmente brillanti o festose…così lo uccido. Devo prima raggiungerlo nel suo buio, devo trascorrere con lui un po’ di tempo nel silenzio per poi, a piccolissimi passi, conquistata la sua fducia, incamminarci verso un po’ di luce. Se tratto con la dipendenza sessuale, devo raggiungere la persona nel fuoco…è solo da lì che posso provare ad accompagnarla a far sì che questo fuoco distruttivo diventi un fuoco vitale, che il fuoco della passione si unisca al fuoco del sentimento.
Entrare nel fuoco significa entrare ‘nella pancia’, vuol dire parlare un linguaggio che non è del pensiero ma dell’anima…il linguaggio dei miti.
Subito mi viene in mente la storia di Prometheus:
Prometheus è un Titano, lo ricordiamo tutti proprio per il fuoco…Zeus chiese a P, di cui si fidava ciecamente, di forgiare l’uomo e di dargli vita. P si appassiona in questo compito e fa diventare l’uomo l’unico interesse della sua vita. P nel mito è continuamente in movimento, si dà costantemente senza mai preservarsi, dimenticando i bisogni propri e persino le conseguenze delle proprie azioni…e così inganna Zeus per favorire l’uomo. Nasconde le parti migliori di un bue sacrificato, sotto ossa e grasso e viceversa le parti peggiori, sotto uno strato di carne più invitante. Z sceglie la parte apparentemente migliore ma poi scopre l’inganno…P non ha saputo preservarsi. Ha usato l’inganno per dare e darsi nuovamente, dimenticando che ciò avrebbe avuto un costo.
Ma la parola ‘Prometheus’ significa colui che riflette, per cui Zeus sa che il destino finale del titano sarà imparare a riflettere, cioè a portare l’impulso al pensiero… ma anche riflettere fuori da sé la potenza degli stimoli del mondo reale. Zeus quindi punisce Prometheus togliendo il fuoco agli uomini, ma il titano esagera nuovamente e, non comprendendo il gesto, ruba il fuoco e lo riporta agli uomini. A questo punto Zeus interviene su di lui : lo incatena ad una roccia e manda tutti i giorni un’aquila a divorargli il fegato, fegato che ricresce ogni notte…
In poche righe abbiamo la descrizione di un disturbo al quale noi ci affacciamo dopo secoli e secoli…ed abbiamo anche il suggerimento relativo a trattamento.
Prometheus perde il controllo. Non si limita a costruire / costruirsi uomo ma entra nel rapporto con questa parte e poi non riesce ad uscirne…continua a dare e darsi senza più ascoltare i propri bisogni…la dipendenza sessuale segue esattamente questo schema. Darsi diventa la parte fondamentale del rapporto, darsi in modo fisico, non agli dei- spiritualità-anima, ma all’uomo- fisico. Il primo tentativo di Zeus è togliere il fuoco…in questo caso fuoco di passione, che con le mille applicazioni sta distogliendo l’uomo dalla spiritualità… fornisce un’opportunità: meritarselo. L’uomo ha tentato con l’inganno di avere solo le cose migliori…vuole tutte la parti buone del bue, non c’è ombra di rinuncia, non c’è scambio. Chiede i favori dell’anima a Zeus ma non è più disposto a dare nulla in cambio. Ma Prometheus non coglie l’opportunità e ruba il fuoco…e come il dipendente non riesce ad attendere, a rinunciare ad una parte di sé per unirsi nel fuoco, lo insegue e basta.
Perchè incatenato e con l’aquila che divora il fegato? Zeus, terapeuta-genitore-adulto, lo ferma.lo costringe a non darsi e a restare in contatto con sé, con il legame ma anche in contatto con il dolore, quel dolore da cui fugge non concedendosi la reazione su un piano superiore.. Ma soprattutto lo costringe ad allenare la capacità di costruzione-ricostruzione del fegato. P deve ricostruire il proprio fegato ogni notte…il fegato, organo tramite tra intestino e cuore, tra sentimento e passione, organo del coraggio e della volontà ( ci vuole fegato) non a caso l’organo più bersagliato nel corpo dei dipendenti...
Dopo 6 mesi di percorso in comunità, ci muoviamo come il mito ci suggerisce: Invito Giacomo a fermarsi…gli chiedo di dedicare uno spazio settimanale al tema sesso e successivamente gli chiederò di controllare l’impulso anche relativo alla masturbazione. Provo poi a raggiungerlo dove lui si trova…nel fuoco.
Allora fantastichiamo su un suo regno, popolato ed abitato da chi vuole lui, e parlando di draghi, re e streghe, mi fornisce una quantità impressionante di dati. Chi abita il suo regno? Chi c’è sulla soglia? Un leone…e chi se no? Un leone pronto a divorare chiunque si avvicini al castello…e chi gestisce il leone?…Due sono le possibilità che intravede G: o incatena il leone ( ma questo significa che il giorno che le catene cedono il danno sarà ancora peggiore,) oppure lo gestisce la principessa. Un passo per volta portiamo le immagini simboliche, le immagini dell’anima, al pensiero, e proviamo a trovare qualcuno, all’interno del suo regno, dentro di lui, capace di gestire il leone…come un banale domatore. Lavoriamo così, con incontri a cadenza settimanale, per tre mesi.
La prima fase: La catena e la montagna
In un primo momento Giacomo è ‘legato’, come Prometheus, sia da un legame con le persone con cui vive, che con la comunità, con relazioni solide che lo tengono, lo tutelano. Relazioni forti grazie alle quali gli si può chiedere di più… sia tenuto fermo in contatto con il dolore e la fatica che l’argomento gli procura. Inoltre la catena lo tiene anche lontano dall’agito, perché il percorso è ancora ad un punto per cui le occasioni di incontri con l’altro sesso sono improbabili e le uscite non previste.
Le relazioni con i potenziali oggetti d’amore sono interrotti…la catena impedisce di tornare in contatto con l’uomo-fisico, il legame proposto dalla comunità è forte ,solido e fermo, non permette troppo movimento e soprattutto costringe a prendere e non a dare.
Inoltre lo spazio dedicato al disturbo porta il paziente’ in cima alla montagna’, cioè fuori dal segreto, lontano dalla vergogna.
La seconda fase: La ricostruzione del fegato.
Prometheus deve ricostruire il fegato, cioè Giacomo deve imparare a riconoscere gli elementi ( il fegato filtra, metabolizza, permette scambio di bile e sangue tra cuore e intestino), imparare a riconoscere le diverse emozioni e a canalizzarle verso il cuore o verso la pancia, a seconda che si tratti di bile o sangue.
Si allena nella ricostruzione montando e smontando relazioni con i compagni di percorso e con le prime relazioni esterne
Si appropria del suo fuoco ( nel sangue filtrato dal fegato ) conoscendolo, alimentandolo e smorzandolo, non rubandolo e senza inganno.
All’interno del suo regno, di sé, impara ad attingere alle parti adeguate per gestire l’impulso. Non sarà più la principessa a tenere il leone, ma un buon domatore o guardiano…o anche il re.
L’ultima fase
Rientra in contatto con il fuoco e con la relazione sessuale con modalità rinnovate, più in contatto con sé ed i propri bisogni, più attento ai propri limiti ed al craving…
E come si conclude il mito di Prometheus?
Dopo 3000 anni in uno scontro Eracle ferisce Chirone e Chirone ,sofferente, ma impossibilitato a morire perchè immortale, chiede aiuto a Zeus il quale scambia la mortalità di Prometheus con l’immortalità di Chirone e libera Prometheus dalle catene.
Quindi Prometheus diviene libero ed immortale grazie a Chirone che nella mitologia rappresenta il terapeuta interno, l’equilibrio, la capacità di tenere insieme gli opposti ed integrarli, insomma,
la capacità di trasformare quel fuoco impetuoso e distruttivo in un caldo focolare.